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MTBexplorer - Immagini letterarie di viaggio
Canto delle sirene - Faial, Açores
Ultimo aggiornamento Martedì 03 Giugno 2014 12:06 Fabio MTBexplorer
Il canto delle sirene può essere fatale ma non ascoltarlo è da pavidi, quando si è davvero in viaggio.
Il gin del Peter’s bar può costituire un buon carburante per affrontare una camminata fino al molo. È un molo lungo lungo, che s’infila nell’oceano. Sulla calce, per alcune centinaia di metri, ci sono i murales dipinti dai navigatori solitari con le vernici delle barche. Ciascuno è un quadro che ha per cornice l’azzurro dell’atlantico: emblemi, paesaggi, volti, barche nomi. Forse è il caso di sedersi su una panchina è guardare quelle pitture. Anche se non vi dicono niente, anche se non le capite, quelle immagini meritano di essere guardate: sono come messaggi che invece di vagare in una bottiglia sono stati affidati a un muro delimitato dell’atlantico. E il loro significato profondo, al di là dell’immagine dipinta, consiste nel fatto che voi le raccogliete con i vostri occhi. Chi le dipinse “voleva” che qualcuno le guardasse. Passando di qui, lui volle far sapere che esisteva, e lasciò una testimonianza del suo passaggio. Voi raccogliete la testimonianza: diventate voi stessi testimoni del suo passaggio. Che poi non sappiate chi fosse, e che lui non sappia chi siete voi, è del tutto secondario.
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cattedrali
Ultimo aggiornamento Giovedì 29 Maggio 2014 09:17 Fabio MTBexplorer
Le cattedrali cantano, scrive Marius Schneider. Per questo guardarle non basta; si devono anche ascoltare, in silenzio. Come i boschi del grande nord. (6)
… per alcune persone, per la maggior parte delle persone, il sesso è la cosa più importante che possono avere senza essere nati ricchi o intelligenti e senza dover rubare. È ciò che la vita può darti nella stessa misura in cui lo concede ad altri, se non addirittura in misura maggiore. Un a cosa che puoi avere senza dover andare all'università per sei anni.(17)
C’è uno spazio d’imbarazzo, il senso di un gioco formale che è una specie di panico frenato, e forse lo si manifesta con un gesto forzato … qualcosa che sbuca dall’infanzia si insinua in questo spazio, un vago senso di giochi e identità non del tutto formate, non è che si finga di essere qualcun altro. Si finge di essere esattamente quello che si è. È questa la cosa strana. (17)
L’immoralità dell’”immoralista” non sta nel fatto che lui cambia. L’uomo ha il diritto di cambiare. L’immoralità sta nel fatto che lui non osa riconoscere il cambiamento. Ucciderebbe, piuttosto che riconoscere l’uomo nuovo dentro di sé … le azioni più immorali si commettono per mantenere l’illusione di essere morali. (15)
Un giorno Chuang Tzu si addormentò e, mentre dormiva, sognò di essere una farfalla che volava in estasi.
E quella farfalla non sapeva di essere Chuang Tzu che sognava.
Poi Chuang Tzu si svegliò e, a giudicare dalle apparenze, era di nuovo se stesso, ma ora non sapeva se fosse un uomo che sognava di essere una farfalla o una farfalla che sognava di essere un uomo.
Permanenza e Lontananza
Ultimo aggiornamento Martedì 03 Giugno 2014 12:09 Fabio MTBexplorer
A sua volta, la dicotomia Mare/Terra ne determina una seconda dal connotato che supera la dimensione geografica per toccare quella filosofica e che significa sostanzialmente un’opposizione fra Permanenza e Lontananza. Opposizione che ovviamente riguarda un’altra dimensione ancora, perché se il mare, il viaggio e la lontananza rappresentano simbolicamente il senso della sete di conoscenza, della scoperta, dell’ignoto e dall’abbandonarsi all’avventura, per contro la Terra (la Permanenza) costituisce il senso della riflessione sul già noto, sulle proprie origini e radici, sulla propria identità. Concetti che recano con sé, più o meno palesi, l’idea del Mare ( e cioè Lontananza) come “sconsideratezza” e di Terra (Permanenza) come “saggezza”. (21)
momento senza tempo
Ultimo aggiornamento Giovedì 20 Marzo 2014 12:09 Fabio MTBexplorer
Lo spumeggiare delle acque teneva sospesa nell’aria una nebbiolina umida che mi nascondeva il sole, ma quel soffuso biancore senza contorni mi fece sentire ancora di più l’infinità dell’oceano e pensare all’eternità non come a un tempo senza fine, ma un momento senza tempo. Come quel momento lì: un momento in cui anche a me parve di essere eterno, perché la grandezza di cui mi sentivo avvolto, la grandezza che era fuori di me, mi sembrò di averla anche dentro. (9)
Essere vivente
Ultimo aggiornamento Giovedì 20 Marzo 2014 11:59 Fabio MTBexplorer
I marinai bretoni sostengono che il mare sia un essere vivente, avvertono nelle sue acque il tempo atmosferico incombente e sentono nella sua sonorità ciò che probabilmente avverrà con l’anticipo di una settimana. Chi dunque pensa a una distesa tavola uniforme , piatta o agitata e solcata, si priva della possibilità di cogliere il mare con tutti i sensi e di apprezzarlo come un paesaggio, ovvero una totalità che racchiude sia il lato estetico che quello dell’esperienza sensoriale e materiale in un unico guscio. In cinese “paesaggio” si dice “Feng Jing” traducibile con “vento +vista (veduta)”.
Giorgio Bertone "Voci sparse"
dove si rifugia la menzogna
Ultimo aggiornamento Giovedì 20 Marzo 2014 11:59 Fabio MTBexplorer
… i primi piani di un quadro fanno sempre schifo, e l’arte vuole che quello che interessa in un quadro venga collocato sullo sfondo, nell’inafferrabile, là dove si rifugia la menzogna, questo sogno colto sul fatto, unico amore degli uomini.
Si perde la maggior parte della propria gioventù a colpi di goffaggini … esistono due umanità molto diverse, quella dei ricchi e quella dei poveri. Mi ci son voluti, come a tanti, vent’anni e la guerra, per imparare a starmene nella mia categoria, a chieder il prezzo delle cose e degli esseri prima di prenderli, e soprattutto prima di attaccarmici.
… mai, o quasi, chiedono il perché gli umili, di tutto quel che sopportano. Si odiano gli uni gli altri e tanto basta. (12)
Calore e umidità
Ultimo aggiornamento Sabato 01 Febbraio 2014 11:33 Fabio MTBexplorer
... città grosse e complicazioni sessuali. Calore. Ecco cosa significano per me le città grosse. Si scende dal treno, si esce dalla stazione e si entra nella scalmana. Il calore dell’aria, del traffico, della gente. Il calore del cibo e del sesso. Il calore dei grattacieli. Il calore che esce dalla metropolitana e dalle gallerie. Nelle città più grosse ci sono almeno cinque gradi in più. Il calore si leva dai marciapiedi e cala dal cielo inquinato. Gli autobus sbuffano calore. Emana dalle folle di acquirenti e impiegati. Tutta l’infrastruttura si basa sul calore, lo usa disperatamente, ne produce altro. La definitiva morte per calore dell’universo, di cui gli scienziati amano parlare, e già ben avviata a verificarsi: in qualsiasi città di dimensioni grandi o medie si sente ovunque che si sta realizzando. Calore e umidità. (17)
Contemplare l'infinito
Ultimo aggiornamento Sabato 01 Febbraio 2014 10:55 Fabio MTBexplorer
... queste terre liminari ricambiano la serenità e l’ascetismo. Nei viaggi in questi luoghi selvaggi si riflette il desiderio di realizzare una corrispondenza tra fede e luogo, tra paesaggio interiore e paesaggio esterno. Spostarsi verso l’esterno per lasciarsi alle spalle il territorio abitato, un territorio in cui ogni caratteristica ha un nome. I toponimi celtici sono quasi tutti commemorativi: fino al XVI secolo le scuole dei bardi insegnavano la storia dei luoghi attraverso il nome che li contrassegnava, così che il paesaggio diventava un teatro della memoria, che continuamente parlava agli abitanti di attaccamento e appartenenza. Migrare dai luoghi dotati di un nome (da territori la cui topografia era in continuità con la memoria e la comunità) alle coste (alle isole non riportate sulle carte, alle foreste senza nome) significava raggiungere terre che non portavano il marchio dell’occupazione. Significava operare un movimento dalla storia all’eternità …direttamente sull’Atlantico. … lassù, con l’oceano che si estendeva lontano, e niente all’orizzonte a limitare o distrarre lo sguardo, i monaci erano liberi di contemplare l’infinito … provavo ammirazione per il modo in cui la spiritualità aveva trovato espressioni e correlazioni nel mondo fisico. Nella veduta, da un promontorio, di un mare velato di nebbia. Nella spera di sole sul margine di una pagina, o di una baia. Nelle piume che come cristalli di neve vorticavano nell’aria immobile … questi asceti avevano desiderato e celebrato una ricchezza che trascendeva la dimensione economica e che trovava le sue forme nella nitidezza dell’aria sul mare, o nelle configurazioni accorpate di uno stormo di uccelli marini in volo. (76)
L'isola dei naufraghi
Ultimo aggiornamento Sabato 01 Febbraio 2014 10:51 Fabio MTBexplorer
… nella spiaggia il cui unico rumore erano le onde o il vento che passava alto come un grande aeroplano inesistente, mi abbandonavo a un nuovo tipo di sogni: cose informi e soavi, meraviglie dall’impressione profonda, senza immagini, senza emozioni, pulite come il cielo e le acque, che vibravano come i flutti di un mare che si erge dal fondo di una grande verità; tremulamente, di un obliquo azzurro in lontananza che nell’avvicinarsi diventa verde, con trasparenze di altri toni verde-sporchi, e dopo aver infranto stridendo le mille braccia sfatte e averle allungate in sabbia bruna e spuma sbavata, congregando in sé tutte le risacche, i ritorni alla libertà dell’origine, la divina nostalgia, le memorie, come questa che senza forma non mi doleva: nostalgia di uno stato anteriore, felice perché buono o per qualcos’altro, un corpo di nostalgia con anima di spuma, il riposo, la morte, il tutto o il niente che come un grande mare circonda l’isola di naufraghi che è la vita.
Fernando Pessoa "Prosa di vacanze"
Photosynthesys
Ultimo aggiornamento Lunedì 02 Dicembre 2013 09:58 Fabio MTBexplorer
Tutto il cielo trema quando un’anima oscilla nel vento … correre è la sua bellezza e la sua salvezza, la sua melodiosa speranza, un merito speciale, una purificazione, il movimento altalenante e leggero di qualcosa di divino che soffia nel mondo. (17)
In questo video è importante l'accompagnamento musicale. Se vuoi vederlo nella home page ti consiglio di disattivare il sottofondo del sito nel plugin a fianco "Suoni".
La solitudine ti ubriaca
Ultimo aggiornamento Lunedì 02 Dicembre 2013 09:22 Fabio MTBexplorer
È un agro beveraggio, la solitudine, e ubriaca … impazienza di vivere, di bruciare le tappe, di errare, con il susseguirsi delle ore, nell’immensa rappresentazione del mondo … l’illusione che ci si possa accostare alla verità con un viaggio io l’ho perduta da tempo.
Pierre Teilhard
Ognuno di noi dovrebbe farsi cartografo dei propri campi e prati perduti. In questo modo copriremo l’universo di disegni vissuti. Non importa che siano esatti. Quel che conta e che siano scritti rispettando le forme dei nostri paesaggi interiori.
Gaston Bachelard
La sconfitta dell'orgoglio
Ultimo aggiornamento Sabato 30 Novembre 2013 13:18 Fabio MTBexplorer
Mettere piedi sulle pianure invece significa trovare costruzioni oltre ogni misura: rocce, cactus, gole e burroni invisibili finché non arrivi sull’orlo, sabbie mobili e fiumi troppo aridi per un gommone e troppo umidi per camminarci. Ma la più grande ostruzione visiva non è quello sul terreno: risiede nella mente, in cui la potenzialità di un crollo della determinazione è presente in ogni momento, quando il viaggiatore vede davanti a sé solo un altro paesaggio identico a quello che si lascia alle spalle …
Le Pianure sono la più grande forza trasformativa terrestre all’interno dell’America, e sono l’unica regione a sconfiggerci ampiamente: riusciamo a livellare montagne e radere al suolo foreste, ad arginare fiumi e a uccidere laghi, ma le Grandi Pianure Occidentali spesso superano i nostri tentativi di controllo. Come nessun’altra morfologia terrestre insegnano l’umiltà: sono un posto che mette la tracotanza al suo posto. E poiché la saggezza esige la sconfitta dell’orgoglio vano è possibile amare le pianure per quello.
Non mi sto rappresentando come un uomo delle pianure, perché sono solo di passaggio in quel territorio: il mio soggiorno più lungo non ha mai superato un mese, ma ci sono stato con il caldo e con le bufere di neve, sotto la siccità e le alluvioni; ci sono stato con le tempeste di tuoni di fulmini, vento, pioggia, grandine, ghiaccio, neve e polvere. Vere manifestazioni atmosferiche americane. Ho camminato sulla terra battuta, fotografato un incendio nella prateria trovandomi nel mezzo delle fiamme, percorso le pianure a cavallo, le ho studiate e le adoro: ma non ci voglio vivere.
Quando le attraverso ora non guardo più con aria cupa aie, suole, chiese, pompe di benzina abbandonate o prosciugate, e a volta una intera Main Street sulla quale è cresciuta la vegetazione … in una contea dopo l’altra, in tutte le pianure, l’esperimento economico americano fallì nel giro di un paio di generazioni, eppure le popolazioni tribali lì erano sopravvissute per più di cinquecento generazioni, in parte perché avevano capito che le generazioni esigono il nomadismo – o la moderazione parsimoniosa, soprattutto nell’utilizzo dell’acqua. Il luogo sfida l’economia americana perché non tollererà a lungo il sovraccarico.
… alcuni abitanti vivono nelle pianure per necessità, alcuni per inerzia, ma altri lo tollerano perché vogliono abitare sotto un cielo così profondo in una notte serena che si può ancora vedere fino all’inizio dell’universo, e in quel momento sembra di respirare direttamente il cosmo, è gente capace di sopportare inverni che non somigliano a una stagione ma all’estinzione.
Nelle grandi campagne aperte americane, la gente delle pianure fa quello che fa il suo bestiame davanti a una tempesta: andare a rannicchiarsi in un posto. Forse supererai la notte, o forse no.(77)
Luoghi di pietra e di legno (parte 2)
Ultimo aggiornamento Sabato 19 Ottobre 2013 12:48 Fabio MTBexplorer
"La prima stesura di una delle più grandi storie di avventura fu ad acquarello. Robert Louis Stevenson, bloccato dalla tempesta per molti giorni in un buco di cottage scozzese nel 1881, prese il pennello e la scatola dei colori da uno scellino del figliastro per trascorrere qualche ora. Raramente uno scrittore ha indugiato in una creazione così magistralmente inattesa, perché ciò che gli venne in mente per primo non furono né le parole e neanche un’immagine ma piuttosto un profilo o, più precisamente, la linea della costa di un’isola immaginaria che Stevenson presto avrebbe riempito di una topografia inventata. Il suo schizzo inoltre portò alla luce personaggi e particolari per riempire il paesaggio – un cuoco di mare con la gamba di legno, un bucaniere con l’occhio bendato e un pappagallo sulla spalla, e perfino una canzone marinaresca – tutti elementi che sarebbero diventati veri e propri requisiti nei successivi racconti dei pirati. Quando la sua mappa terminò, la intitolò Isola del tesoro e in tal modo fece sì che i bambini per un secolo disegnassero le proprie mappe, ciascuna con una X …"
La fascinazione che tantissima gente ha per le cartine geografiche e le carte nautiche può venire da una sensazione sepolta nel profondo, e spesso inconsapevole, di viaggiare su una nave planetaria che solca i venti solari sotto le nubi galattiche verso chissà dove, senza un approdo in vista, un viaggio interplanetario che ci supera in durata, con tutto il tragitto che ci dà l’idea della nostra posizione cosmica più chiara di quella che ha un opossum nella sua tana.
Uomo solitario
Ultimo aggiornamento Martedì 02 Aprile 2013 11:40 Fabio MTBexplorer
Sarei stato un uomo solo, indubbiamente allo stesso tempo per il temperamento e la combinazione. Ci sono degli animali solitari, altri sono sociali, e ce ne sono anche di coloniali presso i quali il gregarismo e la giustapposizione arriveranno fino alla saldatura degli individui immersi quindi in una entità collettiva. Io appartengo alla prima: sono a disagio nella folla, detesto le promiscuità indiscrete delle colonie pullulanti tipo otarie, pinguini o storni. (71)
Il sollievo del rilievo
Ultimo aggiornamento Martedì 02 Aprile 2013 11:41 Fabio MTBexplorer
A chi sedesse sul ceppo d’una albero in quest’ora tra il pomeriggio e la sera, quando si scorgono soltanto le vette e le creste che limitano l’orizzonte e lo sguardo, veniva fatto di pensare che tutto quanto aveva attorno e sotto di sé esisteva sin dai tempi della preistoria, immutato come le stelle al di sopra del suo capo; e questa dava un senso di stabilità allo spirito alla deriva, in continuo mutamento … (Thomas Hardly "Il ritorno del nativo")
Il sollievo del rilievo … chiunque abiti in una città avrà ben presente quella sensazione di esserci stato per troppo tempo. Quella sensazione che ci danno le strade di stare in una gola, quel senso d’intasamento, quel desiderio di superfici che non siano vetro, mattone cemento e asfalto.(76)
Ricordi di un sahariano
Ultimo aggiornamento Sabato 09 Marzo 2013 12:12 Fabio MTBexplorer
"Nel 1922, ventenne, giovane laureato e assistente al museo, fui spedito sulla costa sahariana, a Port-Etienne, per studiare i pesci e la pesca, davanti all’oceano, liquido, salato ma addossato a un altro, quest’ultimo petrigno: il deserto. Potevo fare a meno ancora furtivamente, di lanciare uno sguardo dietro le spalle, vedendo sparire l’orizzonte tutto velato di polvere luminosa, tutto deformato dalle vibrazioni del miraggio, di provare le tentazioni dell’incognito celato dietro il sol levante, il fascino di quei nomi sonori, per me ancora misteriosi, Tasiast, Azzefal, Akchar, Adrar?"
Bisogna guardarlo questo Sahara, più da vicino, raso terra, dal triplo punto di vista del cammelliere, del ricercatore, dell’uomo. E, prima di tutto, parlare del vero deserto … quello dell’esperienza vissuta, quello di conseguenza della verità … e non ingenuamente immaginari e fraudolentemente inventati … ma se rifiuto allo stesso tempo il sensazionalismo del cattivo reportage e la stupidaggine sentimentale cara a tanti racconti di viaggi, non ho mai pensato “reale” e “materiale” siano sinonimi e che di conseguenza il sahariano, debba guardarsi bene da qualsiasi sentimento estetico e perfino da qualsiasi emozione spirituale davanti ai prodigiosi spettacoli del deserto: non ho nulla contro il fervore, ce l’ho soltanto con la stupidità. Sono sensibile quanto chiunque altro alle calme bellezze della duna, a questa straordinaria mescolanza di creste e modellato , di brutalità e tenerezza, di vigore e di curve (direi di minerale e di femminile?) ...
Il silenzio immenso della notte
Ultimo aggiornamento Martedì 02 Aprile 2013 11:39 Fabio MTBexplorer
L’umidità dei nostri aliti si deposita luccicante sulle pareti nude. Fuori, il cielo stellato scintilla così vivido come solo il deserto e l’oscurità la sanno rendere. Il silenzio è sconfinato, e qualche lontano abbaiare di cani lo rende percepibile.(15)
Avremmo peregrinato nella nefasta luce della luna sopra il deserto. Avremmo camminato a piedi nudi su rocce blu e le nostre palpebre avrebbero goduto della frescura notturna. Avremmo veduto le mura delle città del deserto quando verso sera si arrossano e continuano a brillare leggermente nbella notte, mura profonde nelle quali è immagazzinatala luce meridiana … avremmo veduto Bou Saada. Avremmo veduto Beskra. Sopra le terrazze di Beskra illuminata dalla luna, Meriem viene a me attraverso il silenzio immenso della notte … (15)
Nel cuore di questo mondo pietrificato
Ultimo aggiornamento Martedì 02 Aprile 2013 11:38 Fabio MTBexplorer
Per quanto mi copra la testa con la coltre, il rumore rimane; e mi dico che l’ho capito soltanto adesso: com’erano belle, quelle notti d’inverno solitarie, quando il silenzio notturno mi apparteneva, quando la natura era pietrificata, immobile … affondo pesantemente la testa nella morbidezza del cuscino, penso al silenzio profondo di tutte quelle notti silenti, mentre ascolto la voce sorda dell’universo che sale verso di me, dal mio cuscino, che si leva dalla terra, fuori dal tempo ... ... erano proprio belle quelle notti invernali di solitudine. Il silenzio della notte mi apparteneva, l’universo si stendeva in lontananza, pietrificato … (18)
Sarò l’unico essere vivente nel cuore di questo mondo pietrificato? L’unico ad ascoltare il vento pungente soffiare tra i rami del cespuglio diventato, per una notte, la mia casa? L’unico a guardare rosseggiare e morire la brace, ultimo segno di una presenza umana? l’unico a seguire la corsa silenziosa delle costellazioni nel cielo e nei gerbilli sulla sabbia? l’unico a respirare, portato dalla brezza, il profumo zuccherino delle mimose?(71)
Fino alla fine del mondo: Tierra del Fuego
Ultimo aggiornamento Giovedì 17 Gennaio 2013 12:02 Fabio MTBexplorer
Non aveva mai provato ,così intensa come quel mattino, la sensazione di ebbrezza vitale che veniva dalla prateria, dal cielo azzurro e luminoso, dal sole splendente … si sentì attratto da quella terra, chi vi è nato, o ci ha vissuto a lungo, torna sempre laggiù a far riposare le sue ossa al termine dell’esistenza.
Un buon posto per passarci l’eternità
Ultimo aggiornamento Martedì 02 Aprile 2013 11:40 Fabio MTBexplorer
La natura selvaggia e i defunti sono uniti da un legame antico. Oggi siamo abituati a regolari sepolture in terreni consacrati – ettari e ettari di tombe allineate – ma non è sempre stato così. Il mondo selvatico è stato spesso un luogo a cui restituire i morti, che venivano fatti scivolare nella terra come navi messe in mare … un amico irlandese mi raccontò una volta dello scompiglio generato in famiglia da una sua zia. Un’estate, mentre la donna era sola in casa, suonò alla porta un venditore. La zia lo fece entrare, ascoltò l’offerta e acquistò il prodotto, consistente in un lotto per la sepoltura … la tomba era sulla cima di una scogliera, un luogo molto particolare, disse indicando un punto della cartina. La vista sull’atlantico era bellissima. Doveva essere un buon posto per passarci l’eternità … ti viene da pensare che ci sia qualcosa da imparare sulle credenze che trovano espressione in questi luoghi . un senso di orientamento, forse, o di connessione. L’euforia che si prova ad avere a che fare con l’ingenuità dei presupposti incarnati in questi siti funerari, con la schietta visione che offrono di una continuità tra la vita, la morte e il luogo; e il semplice fatto che tanta gente, di così tante epoche, abbia fatto riposare i propri defunti con lo sguardo rivolto allo spazio aperto.(76)
… Si direbbe che si può sempre trovare per chiunque una sorta di cosa per la quale lui è pronto a morire e subito e anche contento. Solo che non si presenta mica sempre l’occasione di una bella morte, l’occasione che ti farebbe piacere. Allora si va a morire come si può, da qualche parte … resta lì sulla terra, l’uomo con l’aria di un coglione per di più e di un vigliacco universale … insomma la morte è un po’ come un matrimonio.(12)
Un uomo si confonde, gradatamente, con il suo destino; un uomo è, alla lunga ciò che lo determina.(10)
Salvarmi l'anima
Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Gennaio 2013 11:40 Fabio MTBexplorer
Salvarmi l'anima
Il deserto della Patagonia non è un deserto di sabbia o ghiaia, ma una distesa di bassi rovi dalle foglie grigie, che quando sono schiacciate emanano un odore amaro. Diversamente dei deserti dell’arabia non ha prodotto nessun drammatico eccesso dello spirito, ma ha certamente un posto nella storia dell’esperienza umana. Darwin trovò le sue qualità negative irresistibili … tentò, senza riuscirvi, di spiegare perché più di tutte le meraviglie da lui viste, questo “arido deserto” aveva tanto colpito la sua mente. (2)
Il n’y a plus que la Patagonie, la Patagonie, qui convienne à mon immense tristesse … Blaise Cendrars "Pose du Transibèrien"
Caro Robert, Capo Horn è stato doppiato il 5 febbraio e siamo il 18 marzo. Continuo senza scalo verso le isole del pacifico perché in mare sono felice e forse anche per salvarmi l’anima … Non si chiede a un gabbiano addomesticato perché ogni tanto provi il bisogno di sparire verso il mare aperto. Ci va, e basta. È una cosa semplice come un raggio di sole, normale come l’azzurro del cielo. - Bernard Moitessier
Chi è stato in un mare sgombro, senza terra all’orizzonte, in un giorno sereno, conosce bene il profondo stupore che si prova alla vista della curvatura del globo: i bordi del mare piegati in giù, l’aggrottarsi meniscale dell’oceano … Gli spazi aperti offrono alla mente esperienze difficili da definire, ma inconfondibili … l’influenza esercitata da luoghi come R.M. non può essere misurata, ma non per questo è trascurabile.
Rispetto alle distese piatte, rispetto a brughiere, tundre, ericeti, praterie, acquitrini e steppe, abbiamo sempre avuto la tendenza ad adottare un pregiudizio valutativo che ne distorce la percezione. Per Daniel Defoe, le brughiere sopra Chatsworth, dove passò un viaggio nel 1725, erano orrende:” una landa tetra e desolata”. Reazioni come quella di Defoe dipendono in parte dalla difficoltà di entrare in rapporto con i territori piatti. Sono luoghi che sembrano restare muti alle domande poste dallo sguardo, che sembrano inghiottire ogni tentativo d’interpretazione. Ci mettono di fronte al problema del loro valore: come ancorare la percezione dentro un contesto tanto vasto, come assegnare a luoghi simili un significato? Certo, disponiamo di parole per questi posti, di aggettivi a mezza strada tra svalutazione e sgomento – spoglio, vuoto, sconfinato. Ma ci resta difficile far aderire il linguaggio a paesaggi che presentano una gamma ristretta di tonalità, e che al tempo stesso appaiono esuberanti in ampiezza, profondità e trasparenza.(76)
Eritrea - Tra Massawa, Asmara e poi verso Keren
Ultimo aggiornamento Giovedì 17 Gennaio 2013 12:01 Fabio MTBexplorer
… l’orizzonte era pieno di picchi che erano silhouette grigie nella nebbia del mattino. Mille cime e valli affollate che si contendevano la linea dell’orizzonte. La strada, quasi volesse, fuggire si snodava come il corpo di un serpente sulla parete della scarpata.
Visualizza Etiopia-eritrea in una mappa di dimensioni maggiori
Mentre Asmara era un ibrido europeo di arte africana e di Art Dèco e Keren era una città di ville abitate dai popoli del deserto, Massaua aveva l’odore di Sinbad e delle figlie dei sultani velate e con gli occhi da cerbiatto. Aveva entrambi i piedi in Arabia. Guardava al mare, ma nel corso dei secoli aveva avuto motivo di guardarsi con perspicacia,seppur occasionalmente, alle spalle, al continente nero africano. Soprattutto nel corso degli ultimi trent’anni, quando i ribelli eritrei e i coloni etiopi avevano fatto del loro meglio per distruggerla durante le battaglie. In Eritrea trent’anni sono quasi una vita intera, ma equivalgono a poco più che un singhiozzo nelle vite dei luoghi e delle città.
Massaua era già stata distrutta prima; era sopravvissuta agli imperi persiani, romani, ottomani, egiziani, italiani ed etiopi e probabilmente sarebbe sopravvissuta anche all’eritrea. Questo miscuglio di etnie, vissuto a Massaua per generazioni era poi fuggito … il profumo di quei giorni, però, impregnava perfino le pietre. Nonostante la distruzione, la brezza della notte portava ancora con sé zaffate di quella che era stata Massaua in passato.
estetica del tempo
Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Gennaio 2013 11:41 Fabio MTBexplorer
C’era qualcosa di irresistibile nell’edificio, ovviamente, anche in una rovina incrollabile come questa, squadrata e inaccessibile. Se ne stava lì, isolata, con le montagne dietro, e trasmetteva la poesia contorta dell’oggetto nel posto sbagliato, tipo un drive-in nella prateria, chiuso da anni, con gli attacchi per gli altoparlanti sbilenchi e lo schermo enorme e vuoto girato verso un campo di granoturco. È il tipo di traccia lasciata dall’uomo che conferisce profondità al paesaggio, lo rende più triste e solitario e provoca una vaga reazione di rimpianto soggettivo – ma non è tanto un rimpianto quanto l’estetica del tempo, a far apparire strano e bello nella sua immobilità anche un edificio di cemento, popolato fugacemente e abbandonato, l’anima del deserto segnata dal passaggio degli uomini …
Fedeli e fuggenti
Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Gennaio 2013 11:40 Fabio MTBexplorer
Percorse autostrade e sopraelevate, guardando Manhattan andare e venire in un tramonto al valium, fumoso e dorato. La macchina vibrava nel rimbombo dei camion lanciati a tutta velocità, con i camionisti appollaiati in alto alla cabina con cibo, bevande, droga e pornografia, e i tir sembravano risucchiare la piccola autovettura nel loro vento stabilizzante. Oltrepassò enormi depositi disseminati di cisterne, tozzi cilindri bianchi schierati nell’acquitrino, e vide altre cisterne dalla cupola bianca in raggruppamenti più piccoli e lunghe file di vagoni-cisterna che scorrevano sulle rotaie. Superò piloni dell’alta tensione dalle braccia affusolate, a gomiti in fuori, e mani piantate sui fianchi. Guidò nel fumo vomitato da acri di copertoni che bruciavano, con gli aerei in discesa e le gru allineate al terminal marittimo, e vide cartelloni pubblicitari della Hertz, dell’Avis e della Chevy Blazer, della Marlboro, della Continental e della Goodyear, e si rese conto che tutte le cose che lo circondavano, gli aerei che atterravano e decollavano, le macchine in coda, le sigarette che i conducenti delle macchine stavano schiacciando nei posacenere – tutte queste cose erano sui cartelloni pubblicitari intorno a lui, sistematicamente legate in uno strano rapporto autoreferenziale che aveva una specie di rigore nevrotico, un carattere inesorabile, come se i cartelloni generssaro la realtà …(17)
Ovunque nel mondo, in qualsiasi posto il mio pensiero vada o si arresti, trova fedeli e operosi ponti, come eterno e mai soddisfatto desiderio dell’uomo di collegare, pacificare, unire tutto ciò che appare davanti al nostro spirito, ai nostri occhi, ai nostri piedi, affinché non ci siano divisioni, contrasti, distacchi. Ivo Andric "I ponti sulla Drina"
Varchiamo le colonne d’Ercole, la punta dove morì Anteo. Al di là è l’Oceano ovunque, d’un balzo doppiamo Horn e Buona Speranza, i meridiani sposano le latitudini, il Pacifico beve l’Atlantico. Puntando su Vancouver, ci lanciamo subito lentamente verso i mari del Sud. A poche gomene, Pasqua, la Desolazione e le Ebridi ci sfilano davanti in corteo. Un mattino, bruscamente, i gabbiani spariscono. Siamo lontani da ogni terra e soli, con le vele e le macchine.
Soli anche l’orizzonte. Le onde vengono pazientemente a una a una dall’invisibile est; giungono fino a noi e pazientemente ripartono verso l’ignoto ovest, una a una. Lungo cammino mai iniziato, mai compiuto … il rivo e il fiume passano, il mare passa e rimane. Così bisognerebbe amare, fedeli e fuggenti. Io sposo il mare.(1)
Coruisk - Isola di Skye
Ultimo aggiornamento Giovedì 17 Gennaio 2013 12:00 Fabio MTBexplorer
Siamo abituati all’idea che calotte glaciali e montagne possano catturare la mente o sedurre l’immaginazione. Meno documentata, invece, è la capacità che anche le valli detengono di plasmare e scuotere il nostro pensiero. Dei molti generi di valle – forre, canaloni, gole, calanchi – quelle che esercitano l’influsso di gran lunga più potente sono i cosiddetti “santuari”: intendo quelle depressioni del territorio protette su ogni lato da alture o dall’acqua. I santuari hanno il fascino dei mondi perduti o dei giardini segreti. Nel viaggiatore che vi accede – varcando un passo su un crinale e vedendo il terreno ai suoi piedi abbassarsi di colpo – suscitano il brivido del proibito e dell’intrusione. Tra i grandi santuari del mondo spiccano quelli himalayani dell’Annapurna e del Nanda Devi e quello tanzaniano di Ngorongoro.
La letteratura delle esplorazioni occidentali ci ha tramandato i racconti di viaggiatori che per primi misero piede in queste aree. Sono cronache di meraviglia e di paura … verso la fine dell’inverno del 1939 W. H. Murray fuggì nella Lost Valley per aprire nuove vie sui dirupi del Bidean (Glen Coe, Scozia NW). Il terreno era coperto da trenta centimetri di neve, il cui splendore immacolato rendeva più intensa la solitudine della vallata e più profondo il silenzio. Era un luogo, scrisse Murray, dove “è facile sentirsi calmi”, dove “il movimento naturale” del cuore tendeva a “portare verso l’alto”. Entrare nella valle significava “ allontanarsi dalla vista e dal rumore della civiltà , come se si abitasse al Polo Nord”.
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tranquillizzato dall'infamia
Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Gennaio 2013 11:41 Fabio MTBexplorer
Un padrone si sente sempre un po’ tranquillizzato dall’infamia dei suoi dipendenti. Lo schiavo dev’essere ad ogni costo un po’ o anche molto spregevole. Un insieme di piccole, croniche tare morali e fisiche giustifica il destino che lo soverchia. La terra gira meglio così perché ognuno si trova al posto che merita. L’esser del quale ci si serve dev’essere basso, piatto, votato alla degradazione, è una cosa che dà sollievo …(12)
La vita, la sventura, l’isolamento, l’abbandono, la povertà, sono campi di battaglia che hanno i loro eroi, eroi oscuri a volte più grandi degli eroi illustri. Victor Hugo
Febbre da viaggio
Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Gennaio 2013 11:42 Fabio MTBexplorer
Atterrare dall’alto in una città lontana anziché arrivarci lentamente significa privarsi di qualsiasi possibilità di comprendere dove si sta andando.(8)
I tedeschi la chiamano ReiseFieber, febbre da viaggio. La riconosco subito: arriva a notte fonda, con vampate di calore, ansia e acciacchi vari …filiamo all’alba come contrabbandieri. Odore di bosco. È pulita a quell’ora l’aria di città … molliamo gli ormeggi, e già al primo colpo di pedali si insinua in noi una leggerezza nuova. Siamo liberi, irreperibili … la partenza è un ‘evasione, la strada una via di fuga. E noi siamo degli imboscati, dei banditi allegri, l’ansia evapora, la fretta pure. I motorizzati diventano marziani, l’auto un dinosauro, sgommare una demenza. (6)
“… ecco qua io m’ammazzo a guidare questo arnese avanti e indietro dall’Ohio al Los Angeles e faccio più soldi di quanti tu ne abbia mai visti in tutta la tua vita di vagabondo, però sei tu quello che si gode la vita e non basta ma lo fai senza lavorare e senza un mucchio di denaro. Adesso chi è il furbo, tu o io?” e aveva una bella casa nell’Ohio, con moglie, figlia, albero di natale, due macchine, garage, prato, falciatrice, ma non poteva godersi nessuna di queste cose perché non era veramente libero …(16)
Il termine Il-Rah, «la via», prima di venire adottato dai mistici per designare la «Via per giungere a Dio» era un termine tecnico per «strada» o «sentiero di migrazione».
Nelle lingue dell’Australia centrale esiste un concetto equivalente : tjurna djugurba significa «le orme degli Antenati» e la «Via della Legge».
A quanto pare, esiste nel profondo della psiche umana un nesso fra il «trovare la strada» e «la legge».(2)
Quasi tutti i nomadi affermano di essere “proprietari” del percorso della loro migrazione (in arabo Il-Rah, “la via”), ma in pratica rivendicano solo i diritti di pascolo stagionale. Perciò tempo e spazio si confondono uno nell’altro: un mese e un tratto di strada sono sinonimi.(2)
Somigliano agli irrequieti uccelli migratori, che si sentono felici e intimamente calmi solo quando sono in movimento. Martin Guseninde a proposito degli Yaghan, antica popolazione nomade della Terra del Fuoco, ormai estinti
Luoghi di pietra legno e acqua
Ultimo aggiornamento Venerdì 08 Marzo 2013 13:06 Fabio MTBexplorer
Amo le cartine geografiche, le mappe topografiche, le carte altimetriche e tutto ciò che è mappatura di un territorio. L'ultimo viaggio avevo un navigatore, mi sono trovato così male che l'ho spento e sono andato riprendermi al mia vecchia cartina (ha più di vent'anni...) che fortunantamente mi ero portato, conoscendomi. Malgrado gli errori dovuti alle modifiche del territorio, mi è sembrato di che avessi io vent'anni di meno. Leggere questo brano mi ha fatto focalizzare perchè l'unico genere di cartina che non mi affascinava era l'atlante stradale, e così anche il navigatore, che non è altro che un atlante stradle elettronico ...
Brivido primordiale
Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Gennaio 2013 11:42 Fabio MTBexplorer
Raddoppiare il numero di orecchie e l’intensità del silenzio… pensava a quanto sia suicida la lucidità, all’impossibilità di vivere senza attingere alla risorsa dell’autoinganno o dei piaceri immediati, un aperitivo, una schermaglia sessuale, un tramonto sulla cordigliera …(14)
… lui stesso non lo capiva, quella sorta di brivido primordiale, la priorità assoluta, sapere di essere diretto nel cuore del remoto deserto di S., era una specie di processo neurale riprodotto nel mondo, una sorta di vuota brama estirpata alla base del cervello, o da chissà dove, e ridipinta con parole, cielo e deserto dal dorso di diamante.
In città, ti costruisci un linguaggio pieno di circospezione e di tatto, di mille piccole implicazioni, di sfumature che hanno il baluginio di bronzo lucidato. Poi vai nel deserto e dimentichi tutto, ricadi in un balbettio confuso, mangi cappelle di fungo che implodono nel cervello, che ti danno una coscienza e un timore soprannaturali, trasformandoti in uccello atzeco.(17)
Ritmo rallentato
Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Gennaio 2013 11:42 Fabio MTBexplorer
Ritmo rallentato.
L’odore dei tropici ha qualcosa di diverso e di cui subito cogliamo la graveolenza, la corposità vischiosa. Un odore che ci avverte che ci troviamo nel punto della terra dove una biologia esuberante e instancabile lavora, lavora, produce, prolifera e fiorisce senza sosta e senza sosta si ammala, si decompone, si tarla e marcisce.
È un odore di corpi surriscaldati e di pesce essiccato, di carne andata a male e di cassava tostata, di fiori freschi e di alghe fermentate: di cose al tempo stesso gradevoli e ripugnanti, attraenti e disgustose. Un odore che ci arriverà dai vicini palmizi, scaturirà dalla terra infuocata, aleggerà sui rigagnoli maleodoranti, della città senza mai abbandonarci: è una parte integrante dei tropici.
… la gente del posto … come sembrino fatte apposta per questo paesaggio, per questa luce, per questo odore. Come facciano un tutt’uno con essi. Come uomo e paesaggio formino un unicum inscindibile, armonioso e complementare. Come ogni razza sia connaturata al suo paesaggio al suo clima. Noi plasmiamo il nostro paesaggio ed esso a sua volta ci plasma i tratti del volto. Tra le palme, nella macchia e nella giungla, l’uomo bianco appare un elemento spurio, incongruo, dissonante: pallido, debole, la camicia madida di sudore, i capelli appiccicati, sempre tormentato dalla sete, da un senso d’impotenza, dalla malinconia. E sempre preda della paura: delle zanzare, dell’ameba, degli scorpioni, dei serpenti. Tutto ciò che si muove lo riempie di orrore … i locali, invece … dotati di una naturale grazia e resistenza, si muovono a loro agio e liberamente al ritmo imposto dal loro clima e dalla tradizione. Un ritmo rallentato che non conosce fretta: tanto nella vita non si può avere tutto. Altrimenti agli altri che resterebbe? (13)
Tipi di uomini
Ultimo aggiornamento Venerdì 08 Marzo 2013 13:02 Fabio MTBexplorer
Tutto considerato al mondo ci sono solo due tipi di uomini: quelli che stanno a casa e quelli che non ci stanno:
“L’uomo è nato nell’avversità. L’avversità, in questo caso è l’aridità." l’homo sapiens si è evoluto una volta, e una volta soltanto, nell’africa meridionale, in un certo periodo successivo alla prima glaciazione boreale (circa 2.600.000 anni fa), allorché si formò il polo nord, il livello del mare si abbassò, il Mediterraneo divenne un lago salato e all’eterogenea foresta dell’africa meridionale subentrò la vegetazione bassa e stentata della savana aperta.
L’Homo sapiens era un migratore. Faceva lunghi viaggi stagionali interrotti da una fase sedentaria, una "stagione magra" come la Quaresima.
I maschi dell’homo sapiens erano cacciatori, mentre le donne provvedevano a raccogliere cibo vegetale e selvaggina minuta. Ma i viaggi avevano lo scopo di stabilire contatti amichevoli con altri esseri vicine e lontani. Gli uomini riescono, parlando fra loro, a superare il problema dell’accoppiamento tra consanguinei. Gli animali devono lottare per ottenere lo stesso risultato.
Luoghi selvaggi e solitudine
Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Gennaio 2013 11:43 Fabio MTBexplorer
Luoghi selvaggi e solitudine.
Non voglio immergermi nella piscina, ma nel deserto e nella catena selvaggia. Da bambino leggevo di mangiatori di fuoco e predoni delle steppe, di tempeste di sabbia e di laghi salati, di avventurose carovane e montagne rocciose inaccessibili, di cactus allucinogeni e sciamani misteriosi .. Progettavo un grande viaggio nel deserto. Adesso sono qui. Da solo. Sento l'intensità del luogo e del tempo, sento che ogni minuto trascorso qui vale come settimane di una vita borghese, vale come un millesimo di secondo di una vita consapevole ... questo è uno degli effetti che hanno i luoghi selvaggi e la solitudine su di noi: amplificano i propri tempi rispetto alle proprie esistenze, riducono l'importanze di questi tempi a confronto con i tempi non umani ... ma in fondo non ce ne importa nulla, come i granelli di sabbia che ci lambisono i pedi.
Diventare se stessi prima di morire
Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Gennaio 2013 11:43 Fabio MTBexplorer
Diventare se stessi prima di morire.
Si diventa rapidamente vecchi e in modo irrimediabile per giunta. Te ne accorgi dal modo che hai preso di amare le tue disgrazie tuo malgrado. La natura è più forte di te, ecco tutto. Ci prende le misure in un certo genere e non puoi più uscirne da quel genere lì … si prende pian piano sul serio il proprio ruolo e il proprio destino senza rendersene ben conto e poi quando ci si volta indietro è troppo tardi per cambiare.
È forse questo che si cerca nella vita, nient’altro che questo, la più gran pena possibile per diventare se stessi prima di morire.(12)
… il suo volto da bambola vecchia mostrava quella mite espressione di riconciliazione che da la morte nell’istante finale a coloro che non hanno nulla da perdere, eccetto il compito forzato di respirare; quell’aria di serenità che si stampa sul viso di coloro che ha la benignità di prendere nel sonno … si soffermavano a lungo a contemplare l’espressione beata disegnatasi sul volto … dava davvero l’impressione di essersene andata da questo mondo sognando angeli vestiti da mariachis o mariachis che suonavano come angeli commoventi rancheras d’amore …(5)
Lontano, verso la solitudine
Ultimo aggiornamento Mercoledì 03 Gennaio 2018 13:50 Fabio MTBexplorer
Lontano, verso la solitudine.
Giorni buttati via senza fare niente. Intere giornate che scorrono senza lasciare tracce nella memoria. Ore e ore inghiottite dal buco nero del tempo … l’infaticabile marcia cadenzata dei secondi e dei minuti, come un’interminabile colonna di formiche, arriva chissà da dove e subito sparisce per sempre. Spavento di sentirsi scivolare via le cose di mano, senza poterle trattenere. Sensazione di star sparendo anche noi, di occupare uno spazio sempre più piccolo, sempre meno visibile.
… se l’alterità nel quale entriamo è sterile e svilente, sentiamo subito di star buttando via il nostro tempo. Un orologio si mette a ticchettare nel nostro cervello, mentre una domanda ci ossessiona: che ci sono venuto a fare? Che cosa cerco? Allora si prova il desiderio di fuggire, una voglia insistente come una fitta di dolore che ci spinge ad alzarci, a uscire e correre via, lontano, verso la solitudine.(13)
Grandi navi di roccia
Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Gennaio 2013 11:45 Fabio MTBexplorer
Grandi navi di roccia.
C’erano montagne simili a navi, grandi navi di roccia con la prua sollevata verso l’alto … la terra sembrava in formazione, aspra e sfregiata, e vi si potevano quasi leggere smottamenti e sovrapposizioni. Sembrava il mondo dei dinosauri. Videro montagne bianche e montagne color carne e scorie di materiale vitreo che si rivelarono montagne quando le raggiunsero ...
Ci voleva moltissimo tempo per andare in qualunque posto … il sole batteva con una specie di densità formicolante.(17)
Nel deserto tutti cambiamenti sono già avvenuti. Nulla cresce, nulla avvizzisce, nulla imputridisce. Tutto è già passato resta solo l’eternità.(15)
Un infinito di miseria e di fame
Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Gennaio 2013 11:45 Fabio MTBexplorer
Un infinito di miseria e di fame
“… un furtarello veniale, e soprattutto di alimenti poveri, come la pagnotta, il prosciutto o il formaggio, attira immancabilmente sull’autore l’obbrobrio formale, la scomunica categorica della comunità, i maggiori castighi, il disonore automatico e la vergogna inespiabile, e questo per due ragioni, anzitutto perché l’autore di tali misfatti è generalmente un povero e questa condizione implica per se stessa un’indegnità fondamentale e poi perché il suo gesto comporta una sorta di tacito rimprovero verso la comunità. Il furto del povero diventa una maliziosa rivincita personale, mi capisce? … così la repressione dei furtarelli da niente viene esercitata , osservi bene, ad ogni latitudine, con rigore estremo, non solo come mezzo di difesa sociale, ma anche e soprattutto come monito severo a tutti gli sventurati di doversene stare al loro posto e nella loro casta, tranquilli allegramente rassegnati a crepare lungo i secoli e all’infinito di miseria e di fame …” (12)
Annegare nel deserto
Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Gennaio 2013 11:46 Fabio MTBexplorer
Annegare nel deserto.
Annega molta più gente nel deserto che nel mare. Annegano per mancanza di fantasia. Non sanno semplicemente immaginarsi così tanta acqua che ci si potrebbe annegare dentro.(15)
Adattarsi alle superfici disponibili
Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Gennaio 2013 11:46 Fabio MTBexplorer
Adattarsi alle superfici disponibili.
È incredibile come i bambini si adattino alle superfici disponibili, usando marciapiedi, gradini e tombini. E come sappiano valersi in un mondo butterato per effettuare una delicata inversione, inventando qualcosa di armonioso e intelligente e governato da regole, per poi passare il resto della vita cercando di ripetere il processo. (17)
Simboli e irrequietezza
Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Gennaio 2013 11:47 Fabio MTBexplorer
Simboli e irrequietezza.
Tutto in un viaggio lento si riempie di simboli: la salita è penitenza, il bivio è scelta, il rettifilo introspezione. Il ponte è passaggio sicuro sull’acqua, sul pelago dell’incognito; e viaggiare, in fondo, è un po’ navigare.(6)
Quando non si desidera che arrivare si puo' correre su un calesse postale, ma quando si vuole viaggiare, allora bisogna andare a piedi. (J.J. Rousseau).
Che cosa possiamo farci? Abbiamo la Grande Irrequietezza nel sangue. Nostro padre ci ha insegnato che la vita è un lungo viaggio …. (Un eschimese a Rsmussen)
I cani che ti abbaiano
Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Gennaio 2013 11:47 Fabio MTBexplorer
I cani che ti abbaiano
… ma in tutto ciò vi era una punta di saggezza, come potrete constatare voi stessi passeggiando ogni sera in certe vie della periferia passando davanti a una sfilza di case a entrambi i lati della strada ciascuna col suo lampadario nel soggiorno, tutto luce dorata, e dentro, il piccolo rettangolo azzurro del televisore, con ogni famiglia vivente che inchioda la sua attenzione probabilmente su un unico spettacolo; nessuno parla; silenzio nei giardini; i cani t’abbaiano contro perché cammini su piedi umani anziché su ruote.(16)
Le complicazioni umane
Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Gennaio 2013 11:47 Fabio MTBexplorer
Le complicazioni umane.
Amo le distese bianche di sale intorno a Timimoun e la sabbia finissima, da clessidra. Amo le montagne con le loro lunghe, rosse radici di sabbia. Amo le dune che hanno al forma di falci di luna con i margini appuntiti affilati dal vento … qui vorrei sempre ritornare. Qui, all’hotel El Gourara, passerei l’inverno con il mio computer e una piccola biblioteca di dischetti con i classici dell’egoismo moderno, da Hobbes a Huysmans. E presto con tutti gli altri testi on line da tutte le biblioteche nazionali e le banche dati d’Europa. E poi con qualche vecchio e consunto romanzo sul deserto di Pierre Loti.
Ecco la mia visione romantica del deserto.
Qui vivrei, senza essere disturbato dalle complicazioni umane, senza amore ma anche senza dolore.
Vivrei di pane e di datteri, osserverei la monachella e la cornacchia del deserto, ascolterei le tortore delle palme quando lanciano il loro grido lamentoso nel boschetto di datteri. All’alba mi metterei seduto a contemplare la palude salata, godendo della monotonia e del silenzio del deserto. (15)
Amo le distese bianche di sale intorno a Timimoun e la sabbia finissima, da clessidra. Amo le montagne con le loro lunghe, rosse radici di sabbia. Amo le dune che hanno al forma di falci di luna con i margini appuntiti affilati dal vento … qui vorrei sempre ritornare. Qui, all’hotel El Gourara, passerei l’inverno con il mio computer e una piccola biblioteca di dischetti con i classici dell’egoismo moderno, da Hobbes a Huysmans. E presto con tutti gli altri testi on line da tutte le biblioteche nazionali e le banche dati d’Europa. E poi con qualche vecchio e consunto romanzo sul deserto di Pierre Loti. Ecco la mia visione romantica del deserto. Qui vivrei, senza essere disturbato dalle complicazioni umane, senza amore ma anche senza dolore. Vivrei di pane e di datteri, osserverei la monachella e la cornacchia del deserto, ascolterei le tortore delle palme quando lanciano il loro grido lamentoso nel boschetto di datteri. All’alba mi metterei seduto a contemplare la palude salata, godendo della monotonia e del silenzio del deserto. |
L'amore per la vita degli altri
Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Gennaio 2013 11:48 Fabio MTBexplorer
L'amore per la vita degli altri
… imbarazza un po’ essere diventato così duro e così povero come sei diventato. Ti manca quasi tutto quello che ci vorrebbe per aiutare a morire qualcuno … hai perduto la fiducia per strada. L’hai cacciata, l’hai tormentata la pietà che ti restava, accuratamente in fondo al corpo come una brutta pillola. L’hai spinta la pietà fino in fondo all’intestino con la merda. È lì il suo posto, uno si dice … doveva cercare un altro Ferdinand, molto più grande di me, di sicuro, per aiutarlo a morire più dolcemente … ma non c’ero che io, proprio io, tutto solo, al suo fianco, un Ferdinand autentico al quale mancava quello che farebbe un uomo più grande della sua povera vita, l’amore per la vita degli altri. Di quello, non ce ne avevo, o almeno così poco che non era il caso di farlo vedere. Non ero grande come la morte io.(12)
L'aspetto di una terra lontana
Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Gennaio 2013 11:48 Fabio MTBexplorer
L'aspetto di una terra lontana.
Non c’è da stupirsi che una miniatura persiana del XV secolo riveli un tale meraviglioso groviglio di fantasia e osservazione esatte sull’Afghanistan, invece mi sembra straordinario che un quadro, decodificato a distanza di secoli e a migliaia di chilometri di distanza da qualcuno che non ha mai visto l’Asia, riesca ancora a rivelare l’aspetto di una terra lontana.(8)
Immagini letterarie di viaggi
Ultimo aggiornamento Lunedì 01 Ottobre 2012 12:34 Fabio MTBexplorer
"....Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone ...." (J. Steinbeck)
Ho sempre pensato che viaggiare sia una delle cose più personali che si “possiedono”, una possibilità, una sensazione, una esperienza che in fondo non puoi, non riesci e, alcune volte, non vuoi condividere con altri … quelle esperienze totalizzanti nel quale alla fine siamo individui e ognuno fa i conti con se stesso … proprio per questo ho sempre evitato proiezioni di foto, conferenze, racconti ecc. che ,oltre a trovarci un pizzico di esibizionismo un po’ narciso da parte dei protagonisti, mi hanno fatto realizzare che i viaggi degli altri li ho sempre trovati un po’ noiosi … così penso che gli “appunti di viaggio” di tanti grandi scrittori siano già abbastanza, figuriamoci se io devo mettermi a raccontare sulle diapositive di un viaggio mentre il pubblico sonnecchia sperando che inizi presto l’aperitivo …