Ultimo aggiornamento 10 Gennaio 2013 Scritto da Fabio MTBexplorer
C’era qualcosa di irresistibile nell’edificio, ovviamente, anche in una rovina incrollabile come questa, squadrata e inaccessibile. Se ne stava lì, isolata, con le montagne dietro, e trasmetteva la poesia contorta dell’oggetto nel posto sbagliato, tipo un drive-in nella prateria, chiuso da anni, con gli attacchi per gli altoparlanti sbilenchi e lo schermo enorme e vuoto girato verso un campo di granoturco. È il tipo di traccia lasciata dall’uomo che conferisce profondità al paesaggio, lo rende più triste e solitario e provoca una vaga reazione di rimpianto soggettivo – ma non è tanto un rimpianto quanto l’estetica del tempo, a far apparire strano e bello nella sua immobilità anche un edificio di cemento, popolato fugacemente e abbandonato, l’anima del deserto segnata dal passaggio degli uomini …