Eroi
La figura eroica è una rarità, un’eccezione. Ma poiché dal passato, dalle cosiddette pagine della storia emergono soprattutto gli eroi, se ne ricava l’impressione che la maggior parte dell’umanità sia proprio così eroica. È vero , invece, che siamo persone comuni, terra terra, deboli, tutte prese dalla preoccupazione di sopravvivere, uccelli grigi dalle ali corte ….… la normalità nell’anormalità: quella tendenza dell’uomo, ostinata e quasi istintiva ma anche piena d’iniziativa, ingegnosità e determinazione, a ricreare la normalità in una situazione anormale … la vita quotidiana in una città assediata … dietro i fili spinati di un campo di concentramento … al confine … la nostalgia della normalità vince sempre. Il diritto alla normalità supera tutti gli ostacoli, anche il fuoco e le macerie.(13)
Case e ponti
Ti accorgi che i tronconi non sono materia inerte. Lanciano avvertimenti nel vuoto. Dicono: ogni ponte che cade è un confine in più e una possibilità di riconciliazione in meno.Se la costruzione di un ponte è la più sublime delle ingegnerie, il suo abbattimento è la più impressionante delle distruzioni. Un ponte che cade è come una bestia che si piega sulle ginocchia dopo il colpo alla cervice. Manda un segnale cosmico, spezza qualcosa nell’universo.(6)
... muoversi come l'acqua
... e ogni tanto qualcuno, a rischio di tutto, si è messo in cammino a cercare. Per questo in ogni civiltà c’è il mito del viaggiatore-eroe; il figlio degli dei che si perde e torna, prodigo, dopo un lungo peregrinare; Gilgamesh, il re sumero che viaggia e viaggia per non morire; Ulisse determinato ad andare oltre le colonne d’Ercole, il limite ultimo del mondo conosciuto. Il viaggio è sempre stato considerato un mezzo di crescita spirituale, come se muovere il corpo contribuisse ad elevare l’anima. In india si dice Sadhu, i santi mendicanti, che debbono essere come l’acqua: muoversi in continuazione altrimenti stagnano.(9)
Rocce
Ci eravamo fermati perché avevamo visto alcuni macigni di una roccia simili al granito ricoperti di belle chiazze nere e bianchi; i massi avevamo forme gradevoli, e il lichene ferroso era lo stesso che avevamo già visto sulle pietre tra le rovine delle torri. In quel momento desideravo costruire un eremo e passare dieci anni a osservare il mutamento delle stagioni su quelle rocce. Provavamo entrambi una profonda simpatia per quell’imperatore cinese del Basso Medioevo che aveva nominato Signore dei Confini una pietra particolarmente bella (è molto più civile che nominare senatore un cavallo), e che finì in esilio in una regione selvaggia piena di rocce interessanti.(8)
Calma primitiva ...
… nessun suono tranne quello del vento, che sibilava fra i cespugli spinosi e l’erba morta, nessun altro segno di vita all’infuori di un falco e di uno scarafaggio immobile su una pietra bianca (2) ... chi percorre il deserto scopre in se stesso una calma primitiva …. Che è forse la stessa cosa della pace di Dio (W.H. Hudson)
Spazi
“… Perdersi nel deserto significava trovare la strada che porta a Dio …” .Anch’io del deserto ho un’idea simile. L’uomo è nato in Africa, nel deserto. Ritornando nel deserto, riscopre se stesso (2)… il timore dell’infinito, del puro spazio, della pura materia … resto smarrito in un deserto assoluto
Silenzio ...
Il silenzio lassù era un suono … meraviglioso il silenzio! Eppure noi moderni, forse perché lo identifichiamo con la morte, lo evitiamo, ne abbiamo quasi paura. Abbiamo perso l’abitudine a stare zitti, a stare soli … uno sbaglio perché il silenzio è l’esperienza originaria dell’uomo. Senza silenzio non c’è parola. Non c’è musica. Senza silenzio non si sente … Una mente silenziosa non vuol dire una mente senza pensieri. Vuol dire che i pensieri avvengono in quella quiete e possono essere meglio osservati. Possono essere pensati meglio.(9)
L'ammaliatrice
“La Patagonia” gridò. “È un’amante difficile. Lancia il suo incantesimo. Un’ammaliatrice! Ti stringe nelle sue braccia e non ti lascia più.” (2) Tutti i nomi di quelle regioni ricordano qualche storia tragica e cruda: La Piedra del finado Juan, Isla del Diablo, Bahìa Desolada, El Muerto eccetera, e la lista s’interrompe soltanto grazie alla sobrietà dei nomi che vennero dati da Fitzroy e dai marinai del veliero francese Romanche, i primi a tracciare le mappe delle regioni flagellate dai venti impetuosi di oceani Pacifico e Atlantico che si congiungono laggiù.(3)
Immenso, antico ed ermetico
Le Pèrou! Eccolo lì: immenso, misterioso, verdegrigio, poverissimo, ricchissimo, antico, ermetico. Era questo paesaggio lunare e i volti ramati, scoperti, delle donne e degli uomini che li circondavano. Impenetrabili, davvero. Molto diversi da quelli che aveva visto a Lima, volti di bianchi, di negri, di meticci, con cui, bene o male, poteva comunicare. Ma dalla gente della sierra lo separava qualcosa di invalicabile. Più volte aveva tentato di chiacchierare nel suo cattivo spagnolo con i vicini, senza il minimo successo. «Non ci divide una razza ma una cultura».(54)
Destinazione e impazienza
… un uomo ha bucato una ruota. Non sa da dove viene. Non sa dove sta andando. Perché allora aspetta con tanta impazienza che la ruota venga cambiata? ... A volte la sola cosa da fare quando si è in rovina è il giro del mondo.(14)
Vita ribelle all'oblio
Navighiamo su spazi così vasti, ci sembra che non ne verremo mai a capo. Sole e luna salgono e scendono alternativamente sullo stesso filo di luce e di buio. Giorni sul mare, tutti eguali come la felicità … quella vita ribelle all’oblio, ribelle al ricordo … (1)
Altre realizzazioni
… spesso i rappresentanti dei paesi sviluppati si mostrano sorpresi di vedere rifiutato il loro modo di vita. Eppure esistono culture in cui il lavoro è meno importante della preghiera. Certo, in questo modo la gente non produce automobili né computer, ma neanche le interessa farlo … i viandanti che percorrono l’Africa o l'India di solito portano dietro solo un piccolo fagotto. Non sentono il bisogno di possedere di più, si accontentano del minimo indispensabile. Se si rivolge loro la parola, sorridono, sono ospitali e gentili. Danno l’impressione di essere felici. Vivono altre realizzazioni. La cosa migliore sarebbe accettarli come sono.(13)
Case
In tibetano «sherpa» significa «orientale» ... sono un popolo buddista, amante della pace, che viene dalla parte orientale dell’altopiano. Non riescono a stare fermi, e nella terra degli sherpa ogni pista è contrassegnata da cumuli di sassi e bandiere da preghiere, messi lì che a rammentare che la vera casa dell’Uomo non è una casa, ma la Strada, e che la vita è un viaggio da fare a piedi ... (2)
Uomini e montagne
“Mi piace essere in un corpo che ormai invecchia. Posso guardare le montagne senza desiderio di scalarle. Quand’ero giovane le avrei volute conquistare. Ora posso lasciarmi conquistare da loro. Le montagne, come il mare, ricordano una misura di grandezza dalla quale l’uomo si sente sollevato. Quella stessa grandezza è anche in ognuno di noi, ma li ci è difficile riconoscerla. Per questo siamo attratti dalle montagne. Per questo, attraverso i secoli, tantissimi uomini e donne sono venuti quassù nell’himalaya, sperando di trovare in queste altezze le risposte che sfuggivano loro restando nelle pianure. Continuano a venire. “(9)
Memorie ... sereno oblio
Penso sempre che ogni cosa durerà in eterno, ma non è mai così. In realtà, niente esiste per più di un istante, tranne ciò che custodiamo nella memoria. Cerco sempre di conservare dentro di me ogni momento – preferirei morire piuttosto che dimenticare.
Gli altri e l'inferno
L’inferno sono gli altri - (Jean Paul Sartre)… “l’inferno sono io”. Dentro di me c’è l’inferno, talvolta addormentato, talvolta operante, ma sempre presente: l’inferno è la nostra esistenza intima, immanente.(13)
Zafferano tritato
È con gli odori che finiscono gli esseri, i paesi e le cose. Tutte le avventure se ne vanno per il naso … l’odore acre dell’africa … il suo pesante miscuglio di terra morta, di cavallo di pantaloni e di zafferano tritato.(12)
Aspirazioni ...
… da che l’uomo è uomo e abita le terre che oggi conosciamo come India, Tibet, Nepal, Cina e Pakistan, quelle remote, immacolate montagne con il loro nome sanscrito “dimora delle nevi” (hima è la neve, alaya la dimora) sono state il simbolo dell’aspirazione umana al divino … Soma, l’erba dell’immortalità, cresceva nei dirupi dell’himalaya. Parvati, la perfetta consorte di Shiva, ma simbolicamente di tutti noi, nasceva lassù “figlia della montagna”. Lassù erano nascosti i tesori del creato, i segreti della potenza, della saggezza della serenità… l’Himalaya è la sede di tutti i miti, la fonte della vita e della conoscenza. Lì nascono tutti i grandi, sacri fiumi dell’india. Lì vissero i rishi che concepirono i Veda….nel salire verso quelle spoglie vette di ghiaccio, non con l’idea tutta occidentale di conquistarle, ma di esserne conquistati, i sanyasin che per secoli hanno intrapreso quel viaggio sapevano che era un viaggio senza ritorno… (9)
Odore
La maggiore difficoltà per riuscire a vivere decentemente all’inferno è l’odore che c’è.(44)
Muoversi ...
La ragione di tutto quel muovermi, di quell’andare in cerca di qualcosa è semplice: io non ho niente dentro di me. Sono vuoto. Vuoto come è vuota una spugna, pronta però a riempirsi di quello in cui è tuffata. La metti nell’acqua e l’acqua s’imbeve, la inzuppi nell’aceto e diventa acida. Non avessi viaggiato non avrei avuto niente da raccontare; niente su cui riflettere.
Viaggiare mi esalta, mi ricarica, mi dà da pensare, mi fa vivere. L’arrivo in un paese nuovo, in un posto lontano è ogni volta una fiammata, un innamoramento; mi riempie di emozioni. Ricordo, come fosse ieri, il mio primo varcare una frontiera, a quindici anni, in Svizzera…. (9)
Senza fine
Di ogni strada mi piace pensare che sia una strada senza fine, che corre intorno al mondo.(13)
Terra di nessuno
Il cuore del deserto batte secondo un ritmo diverso dal nostro. La geologia non va di fretta. Quando arriva o occupare tutto il campo visivo sorge dapprima un senso d’impazienza, poi oppressione e infine una calma che solo lo spazio vuoto può generare. La serenità che solo l’assoluto può dare.(15)
Sublime fratellanza
Amo il deserto, ha qualcosa di metafisico, di trascendente. Nel deserto tutto il cosmo si riduce a pochi elementi. Il deserto rappresenta l’universo ridotto all’essenziale: la sabbia, il sole, le stelle di notte, il silenzio, il calore di giorno. Si hanno con sé una camicia, dei sandali, cibo frugale, un po’ d’acqua da bere, tutto nella massima semplicità … niente si frappone fra te e l’universo ... un gruppo di nomadi incontrati per puro caso. Non riuscimmo a trovare una lingua per capirci, ma restammo insieme lo stesso. Non scambiavamo parole ma dividevamo l’esperienza dell’amicizia, della fratellanza. A un certo punto fui folgorato dalla sensazione che avessimo fratelli e sorelle dappertutto ma che non riuscissimo a rendercene conto: un’impressione sublime.(13)
in fondo ...
Era come una ferita triste la strada che non finiva mai, con noi nel fondo, noialtri, da un bordo all’altro, da una pena all’altra, verso una fine che non si vede mai, la fine di tutte le strade del mondo.(12)
Vento e spazio
Il vento è invisibile. Ciò lo pone immediatamente in una categoria di cose come l’amore, l’odio e la politica, che troviamo difficile da spiegare e impossibili da ignorare. Sperimentiamo ciascuna di esse direttamente come forze elementari che danno forma alla nostra vita, ma le conosciamo solo indirettamente, tramite i loro effetti su di noi e sul mondo … il vento è forse quello tra tutti i fenomeni naturali che l’uomo civilizzato si sente più incapace di influenzare. (James Frazer)
Luce
Non c’è nulla che individui i luoghi come la qualità della luce … ad Atene la cruda luce classica, a Londra la luminescenza uniforme di un’estate del XIX secolo, nel New England la pura limpidezza dell’epoca dei pionieri: cose di cui ormai ci resta come unico ricordo la testimonianza incerta dell’arte. Eppure il viaggiatore si rende immediatamente conto del cambiamento di luce. L’impressione del primo risveglio in un villaggio straniero non si scorda. Naturalmente la luce si altera, viene modificata da quelle che sembrano circostanze irrilevanti, in prossimità della neve come del mare, di alberi come di campi coltivati o di un deserto di sabbia e roccia. Ti abitui e smetti di pensarci.(8)
Aspettando le navi del ritorno
Sono cresciuto sul mare e la povertà mi è stata fastosa, poi ho perduto il mare , tutti i lussi mi sono sembrati grigi, la miseria intollerabile. Da allora aspetto. Aspetto le navi del ritorno, la casa delle acque, il giorno limpido … Aspetto a lungo. A volte faccio un passo falso, la buona riuscita mi sfugge. Non importa, allora sono solo. Di notte mi sveglio e, mezzo addormentato, mi par di sentire un rumore d’onde, il respiro delle acque. Quando mi sveglio del tutto, riconosco il vento tra le foglie e l’infelice rumore della città deserta … perduto in fondo a quei pozzi di pietra e di acciaio dove errano milioni di uomini ... Ma ogni volta il richiamo lontano di un rimorchiatore veniva a ricordarmi che quella città ... era un’isola, e che mi aspettava l’acqua del mio battesimo, nera e putrida, coperta di sugheri vuoti … Coloro che si amano e sono separati possono vivere nel dolore, ma non è disperazione: sanno che l’amore esiste. Ecco perché io soffro dell’esilio con occhi asciutti. Aspetto ancora. Verrà un giorno finalmente … (1)
... come faranno?
Tutto il paesaggio si rianima e si mette a lavorare. Gli argini si separano lentamente dal fiume, s’alzano, si stagliano ai due lati dell’acqua. Il lavoro emerge dall’ombra. Si ricomincia vedere tutto, tutto semplice tutto duro,. Gli argani qui, le palizzate dei cantieri laggiù e lontano sopra la strada ecco che tornano da più lontano gli uomini. Si infiltrano nella luce sporca a gruppetti, intirizziti. Si riempiono di luce tutto il volto per cominciare passando davanti all’aurora. Vanno più lontano. Si vede bene di loro solo i volti pallidi e semplici; il resto appartiene ancora alla notte. Bisognerà che muoiano tutti un giorno anche loro. Com’è che faranno? (12)
Infinita perfezione
…. Albeggiava. Mi avvolsi in una coperta e salii sulla punta più alta del crinale a salutare le montagne. Non c’erano ancora. Un velo di caligine opaca velava l’intero orizzonte. Lentamente da quella semioscurità affiorarono delle ombre impercettibili, quasi evanescenti; poi dei profili bianchi e freddi. E improvvisamente le vette si accesero di rosa, di arancione.nelle valli la caligine si fece viola, poi dorata e i ghiacciai presero fuoco contro il cielo di lapislazzuli. Il mondo divenne un’apoteosi di luce e di gioia …. La semplice, distaccata bellezza delle montagne suscitava in me un sentimento simile a quello che nasce dall’amore: un senso di completezza d’invincibile forza, quasi d’immortalità ... Il cielo era a portata di mano e quelle montagne parevano le scale per arrivarci ... Niente più mi pesava, mi preoccupava; niente più mi mancava, mi faceva paura. Anche la mia morte sembrò parte di quella infinita perfezione.(9)
Ottimismo rasseganto e tragico
… credeva in fondo che la povera gente del suo tipo era fatta per patire di tutto, che era il suo ruolo sulla terra, e che se le cose andavano adesso tanto male, questo si doveva anche in gran parte al fatto che aveva commesso molti sbagli uno sopra l’altro, la povera gente … era una gran gentilezza che gli desse soffrendo a quel modo l’occasione di espiare la sua indegnità … ottimismo rassegnato e tragico … (12)
Il romanticismo del deserto
Il romanticismo del deserto è incomprensibile già da lontano. Da vicino diventa assurdo. Che cosa c’è di romantico in una sconfinata cava di ghiaia? … ama il deserto perché è senza fascino, perché non è mai piacevole. Ne ama la grandiosità delle linee, il vuoto dello spazio, la nudità del terreno. Finalmente un mare che non si agita, ma al contrario costituisce un corpo solido, irremovibile! Finalmente un silenzio che non viene mai rotto in questa terra desolata dove non c’è nessuno che va e viene!(15)
La forza d'invecchiare
In qualche mese come cambia una camera, anche quando non si tocca niente. Per quanto vecchie, per quanto degradate siano, le cose trovano ancora, non si sa dove, la forza d’invecchiare. Tutto era già cambiato intorno a noi. Non gli oggetti al loro posto, ma le stesse cose, in profondità. Sono diverse quando le ritrovi le cose, loro possiedono si direbbe più forza per andare dentro di noi più tristemente, più profondamente ancora, più dolcemente di prima, per fondersi in quella specie di morte che cresce lentamente in noi, quietamente, giorno dopo giorno,vilmente, davanti alla quale ci si prepara ogni giorno a difendersi un po’ meno del giorno prima. Da una volta all’altra, la si vede frollare, raggrinzirsi in noi stessi la vita, gli esseri e le cose insieme, che avevamo lasciato, banali, preziosi, temibili qualche volta. La paura della fine ha marcato tutto con le sue rughe mentre trottavamo per la città … presto non ci saranno più che persone e cose inoffensive, miserande e disarmate tutt’intorno al nostro passato, nient’altro che errori diventati muti.(12)
Fatica e solitudine
Quando sto solo non mi sento mai isolato. La vera solitudine l’avverto soprattutto fra la gente. Solitudine significa impossibilità di raggiungere gli altri, di unirsi a loro ... (13) Nella fatica e nella solitudine il divino se ne esce dagli uomini.(12)
L'abito della serva
Di fronte alla memoria, come di fronte alla morte, tutti sono uguali, e l’autore ha il diritto di ricordare l’abito della serva e dimenticare i gioielli della padrona.(73)
Il deserto è un impulso
Diciamo semplicemente che il deserto è un impulso … era tutto in lontananza. Era una distesa ininterrotta di terra arida e cielo, e un’impalpabile traccia di montagne, basse e accovacciate in fondo, montagne o nuvole, a forma di gatto, di puma – com’è umano vedere una cosa come qualcos’altro. La vecchia strada piegava a nord, più o meno al traverso rispetto al sole, e io volevo sentire il caldo sulla faccia e sulle braccia. Spensi l’aria condizionata e abbassai i finestrini … più tardi il vento calò e una catena di nuvole dai bordi rosa pallido si profilò bassa e immobile in cielo. Adesso ero su una strada sterrata, spettacolarmente perduto. Fermai la macchina e scesi a scrutare il cielo … sarebbe stato buio nel giro di quarantacinque minuti. Avevo un quarto di serbatoio di benzina, mezza lattina di tè freddo, niente da mangiare, nessun indumento caldo e una cartina vara di dettagli. Avrei bevuto il mio tè e sarei morto.(17)
Paesi fantasme e navi alla deriva
… ormai deserta, con il vento che ululava come un cane abbandonato, attraverso il vano delle porte e delle finestre scardinate, la salnitriera si trasformava in un’altra delle tante rovine sparse nel deserto. Paesi fantasma che in lontananza sembravano navi alla deriva, mentre da vicino i resti delle mura e le strutture ossidate aggrappate a grandi ammassi di calcinacci ricordano i gusci di mummie planetarie, non si capisce se dissotterrate o in via di interramento.(5)
La propria sconfitta
Verso i poveri oggi si ha in genere un atteggiamento ostile, negativo. In un mondo dominato dalla competizione, dalla lotta, dalla concorrenza, il povero è un vinto, un perdente, uno sconfitto. Il povero dovrebbe rendersi invisibile. Del resto il povero stesso guarda un altro povero con disprezzo. Vi vede la propria caricatura, la propria brutta copia, la propria sconfitta.(13)
Versi dell'Odissea
… la piana terminale era assopita in una foschia polverosa e in una luce infuocata dove i cavalli nuotavano e pascolavano. Cominciammo a superare greggi enormi e tende a cupola ricamate. Scorgemmo di sfuggita un tripudio di fiori azzurri e gialli e di cannoni dipinti sui muri di una moschea. I fianchi delle montagne erano immense quinte rocciose sulle nostre teste, i colori e la tessitura del suolo presero a farsi più aspri e cupi, finché fummo inghiottiti da una gola … volevamo cogliere almeno un bagliore dell’Amudarja, una cinquantina di chilometri a nord in territorio proibito. La pianura dell’Amudarja è un’immensa distesa desertica di quelle che si vedono nei sogni; la solcammo diretti a ovest per due e tre ore, con il naso fuori dal finestrino dell’auto come i cani nei giorni caldi. I pascoli del deserto scintillavano; il paesaggio era fulvo, con strisce verdi e blu in lontananza, dove si esauriva l’acqua delle montagne; non era uno scenario monotono sembrava piuttosto il mare, con eventi e visioni sporadiche come versi dell’Odissea ...(8)
Davanti all’acqua che passa
La luce del cielo a Rancy, è la stessa che a Detroit, colate di fumo che inzuppano la pianura dopo Levallois. Scarti di casamenti ancorati al suolo da fanghi neri. Le ciminiere, grandi e piccole, fanno l’effetto da lontano di grossi pali nella melma in riva al mare. Lì dentro ci siamo noi …. Lungo gli argini, la domenica e la notte la gente si arrampica sui cumuli per fare pipì. Gli uomini, li rende cogitabondi sentirsi davanti all’acqua che passa. Pisciano con un sentimento di eternità, come i marinai.(12)
Silenzio armato di pietre
Era come se le strade che superavamo ci minacciassero con tutto il loro silenzio armato di pietre fino in alto, all’infinito, con una specie di diluvio in sospensione. Una città in agguato, un mostro a sorpresa, vischioso di bitumi e di piogge.(12)
Sentirsi a casa ovunque
Partire è la più bella e coraggiosa di tutte le azioni. Una gioia egoistica forse, ma una gioia, per colui che sa dare valore alla libertà. Essere soli, senza bisogni, sconosciuti, stranieri e tuttavia sentirsi a casa ovunque, e partire alla conquista del mondo … La felicità non la si cerca, la s’incontra, viaggia sempre in direzione opposta. (Isabelle Eberhardt)
Trovare il coraggio delle decisioni
I cimiteri mi hanno sempre attratto. Sono curati, univoci, virili, vivi. Nei cimiteri si può trovare il coraggio delle decisioni, solo nei cimiteri la vita acquista dei contorni – non mi riferisco alle bordure tombali – e, se si vuole, un senso.(33)
Mille modi diversi
Siccome il deserto in ogni singolo istante è monotono e uniforme, si è tentati di credere che continuerà a esserlo nella stessa maniera. È un errore. Ci sono mille modi diversi di essere uniformi, e il deserto li conosce tutti.(15)
L’aria intorno si rifiuta di puzzare di più ...
… le finestre pittate di cento piccoli stracci pendenti, le camicie dei poveri, il rumorino del rifritto che crepita a mezzodì, uragano di grassi andati a male. Nel grande abbandono molle che circonda le città, là dove la menzogna del suo lusso viene a trasudare a finire in marciume, la città mostra a chi vuol vedere il suo gran deretano nelle casse dei rifiuti. Ci sono fabbriche che uno evita quando passeggia, che sanno di tutti gli odori, di quelli incredibili e dove l’aria intorno si rifiuta di puzzare di più. Lì vicino, ammuffisce il piccolo parco giochi, tra due alte ciminiere ineguali, i cavalli di legno dipinto sono troppo cari per chi li desidera, spesso per intere settimane, piccoli mocciosi rachitici, attirati, respinti e trattenuti al tempo stesso, tutti con le dita nel naso, dal loro abbandono, dalla povertà e dalla musica. Tutto si traduce nello sforzo di allontanare la verità da quei luoghi che tornano a piangere senza tregua su tutti; si ha un bel fare, si ha un bel bere, anche del rosso, il cielo resta quello che è laggiù, ben chiuso sopra, come una gran pozza per i fumi della periferia.(12)
Paranoia e diffidenza
… non solo era immobile, ma non riusciva nemmeno a pensare chiaramente. Si vedeva circondato da nemici. Non nemici ma collegamenti, una rete di cose e di persone. Non esattamente persone ma cifre – cose e cifre e livelli di conoscenza nei quali lui non riusciva assolutamente a penetrare … la mente incatenata e intrappolata dalla gravità, consapevole della natura della propria condizione ma incapace di trovare il modo di uscirne. Era piegato sotto il peso della stanza, diffidente verso tutto e tutti. Paranoico … avvertiva i contatti che venivano creati intorno a lui, tutti gli oggetti e i contorni delle cose e i livelli di conoscenza – non esattamente conoscenza – ma intenzioni insidiose … questa condizione era autentica, profonda e vera … era anche una condizione familiare, a modo suo, da mangiatore di radici paleolitico, un residuo dell’esperienza primitiva rimasto nel cervello del serpente … e la parola stava affermando le sue funeste radici, i suoi tuberi e germogli commestibili ...(17)
Atroce inutilità della sofferenza
Pensavo all’atroce inutilità della sofferenza. L’amore lascia un segno: la nuova generazione che viene al mondo, il perpetuarsi della specie umana. Ma la sofferenza? Una parte così cospicua dell’esistenza umana, la più dolorosa e difficile, scorre via senza lasciare traccia. Se si potesse raccogliere l’energia dei patimenti subiti in questo luogo da milioni di persone per tradurla in forza creativa, si potrebbe trasformare il nostro pianeta in un giardino fiorito.
Che resta invece?
Navi dalle chiglie rugginose, torrette di guardia marcite, profondi fossati da cui un tempo si trasmette chissà che minerale grezzo. Un deserto morto, sinistro senza più un’anima: le colonne esauste sono già passate, svanite nella gelida nebbia perenne.(13)
All'angolo di una strada
Si ha un bel dire e pretendere, il mondo ci lascia molto prima che ce ne andiamo per davvero.Le cose alle quali tenevi di più, ti decidi un bel giorno a parlarne sempre meno, devi fare uno sforzo quando ti ci metti. Ne hai le scatole piene di ascoltarti sempre cianciare … tagli via … rinunci … non ci tieni più ad avere ragione. Ti molla la voglia di tenerti anche il posticino che t’eri riservato tra i piaceri … ti viene lo schifo … cerchi ancora dei trucchi e delle scuse per restare là con loro, gli amici, ma la morte è lì anche lei, fetente, al tuo fianco, tutto il tempo adesso … ti restano preziose solo le pene minute, … è tutto quello che hai conservato della vita. Questo piccolo rimpianto atroce, il resto l’hai più o meno vomitato lungo la strada, con molti sforzi e pena. Non sei altro che un vecchio lampione di ricordi all’angolo di una strada dove non passa già quasi più nessuno.(12)
Impulsi e ripensamenti ... un disegno epico
Li udii prima di vederli, un penoso scricchiolio, folate di vento che scuotevano le parti mobili … arrivai in cima alla sporgenza di arenaria … sul fondo sbiadito del mondo … dipinti prendevano luce e vita. Pennellate di colore, fasce e chiazze, scie ariose, la forza della luce satura .. impulsi e ripensamenti ... un disegno epico. Non mi ero aspettato di provare in piacere e un’emozione così intensi. L’aria era piena di colore, fiammate di rame e ocra riverberavano dal guscio metallico in uno scambio con la cornice del deserto. Ma quei colori non si limitavano a trarre potenza dal cielo o a risucchiarla dalle forme della terra circostante. Spingevano e tiravano essi stessi. Erano in conflitto tra loro, dovevano essere letti emotivamente. Pigmenti color pelle e grigi industriali e un rosso virulento che appariva ripetutamente nella composizione – il rosso di uno sfogo, di una sacca scoppiata, denso come sangue misto a pus e screziato di giallo ... i vetri anteriori e i motori ancora ricoperti di teli spettrali, anime morte… (17)
Il tempo rimpianto
… e questa era l’altra cosa che condividevano, la tristezza e la chiarezza del tempo, il tempo rimpianto nella musica … provocava in loro uno strano dolore, non per qualcosa di preciso ma per il tempo in sé, la sensazione concreta di un anno o di un’epoca, le testure del tempo che ormai fuggivano a entrambi … (17)
Il sentimento più vicino alle ossa
Avevo poco calore in me. Poca carne mi era rimasta attaccata alle ossa. Questa carne bastava solo per provare rabbia, l’ultimo dei sentimenti umani. Non era l’indifferenza, ma la rabbia l’ultimo sentimento umano, quello più vicino alle ossa.(73)
Desiderio di fermare il tempo
La vita e' un continuo flusso. Eterno il desiderio di fermare il tempo, di invertirlo. Ma ogni passo vissuto consciamente significa anche arricchirsi. E più camminiamo con gli occhi aperti, più ricchi saremo. Cosa c'e' di più bello, di più sensato che passare la nostra vita camminando, una vita che ci tiene in forma e nello stesso momento ci dona esperienze? (Jacob Nomus)
Costretti a ricordare
Di notte la sinfonia del vento e del mare assume la tonalità della voce umana, dalla risata fino al pianto, tutta la musica delle orchestre, e per giunta, alcuni sordi mormorii, lamenti lontani e laceranti, voci che lambiscono le onde. Questi due grandiosi elementi, il mare e il vento, sembrano farsi piccoli per imitare il latrare dei cani, miagolii di gatti, confuse parole di bambini, donne e uomini, che costringono a ricordare le anime dei naufraghi.(3)
L'immensità che non osserva memorie
… tu pure gusterai il sapore di questa pace e di questa inquietudine in un’ansiosa intimità con te stesso, oscuro come noi fummo oscuri, eppure sovrano di fronte ai venti e ai mari, in un ‘immensità che non riceve impronta, che non osserva memorie, che non si cura di vite umane.(7)
Occhi soavi color deserto.(5)
Era morta sola. Era spirata nella fosca penombra della sua cabina senza avere nessuno che le facesse il favore di porgerle un bicchiere d’acqua, senza avere a portata di mano il sostegno di un braccio amico a cui aggrapparsi davanti alla vertigine di paura dell’istante finale, senza neppure avere la consolazione di un orecchio compassionevole alla cui tromba affidare il suono triste delle sue ultime parole. L’estremo bagliore del suo sguardo aveva registrato solo l’immenso abbandono della propria vita e quella cupa solitudine dai lunghi tentacoli, ovattata negli angoli polverosi delle sue quattro pareti scrostate … e i paesaggi stagliuzzati infantilmente dai vecchi calendari e scatole di cioccolatini con cui ornava la tristezza carcerararia del suo porcile furono l’unica nota di allegria che registrò nel seppia offuscato delle sue pupille da vecchia, nei suoi occhi soavi color deserto.(5)
Un sogno lungo e sballottante
Un crepuscolo qualunque, laggiù nella sua terra (crepuscolo di un giorno di cui ricordava solo di essere stato molto felice), era uscito a camminare in campagna, si era coricato sotto un salice ad assaporate con calma l’erba agrodolce di una prima pena d’amore, si era addormentato e si era messo a sognare di andare verso nord. Era stato un sogno lungo e sballottante, come un viaggio di cinque giorni in treno. Quando si era svegliato aveva la bocca piena di una terra dal sapore salmastro, i monti intorno a lui erano rimasti completamente spogli, e al posto di uno scheggiato aratro di legno, le sue mani, infoderate in guanti da lavoro in pelle di porco, manipolavano febbrilmente le maniglie di ferro di una mostruosa draga meccanica. Con questa aveva rimosso nel corso di più di quarantacinque anni un intero pianeta di salnitro.(5)
Ogni cattivo odore ci riguarda
Ogni cattivo odore ci riguarda. Ci facciamo strada nel mondo per poi capitare nel mezzo di una scena medieval-moderna, una città di grattacieli di spazzatura con la puzza infernale di ogni oggetto deperibile mai fabbricato, e accorgersi che assomiglia a qualcosa che ci portiamo dietro da tutta la vita.(17)
Aperto a tutti e fedele a nessuno
Già guardavo con altri occhi il mare. Lo sapevo capace di tradire il generoso ardore della giovinezza come avrebbe tradito, altrettanto implacabilmente, indifferente al male e al bene, la più vile avidità o il più nobile eroismo. La mia concezione della sua magnanima grandezza era finita. E ormai vedevo il vero mare – il marea che gioca con gli uomini fino a farli perdere d’animo, che logora a morte navi robuste. Nulla può addolcire l’acredine che cova nella sua anima. Aperto a tutti e fedele a nessuno, esso esercita il suo fascino per la rovina dei migliori. Non è bene amarlo. Egli non conosce vincolo per la parola data, non partecipazione alla sventura, non lunga comunione d’intenti, non lunga devozione. La promessa che offre perpetuamente è grandissima; ma l’unico segreto per ottenerne il possesso si chiama forza, forza – la forza gelosa, insonne dell’uomo che sta a guardia di un agognato tesoro a porte chiuse.(7)
Vivere tra vasti orizzonti
È un peccato che non siamo arrivati noi per primi … non solo i russi … gli slavi, gli ungheresi, anche i tedeschi. Qualunque popolo che sapesse vivere tra vasti orizzonti. Troppa di questa terra è andata agli isolani. Loro non l’hanno mai capita; lo spazio li spaventa. Noi ne saremmo stati fieri … l’avremmo amata per quello che era …(2)